giovedì 24 marzo 2011

The Doors in the Floor







                                                    Jeff Bridges in una scena del film


The Doors in the Floor (2004) è un film drammatico di Tod Williams con Jeff Bridges, Kim Basinger, Jon Foster, Elle Fanning, Bijou Phillips e Mimi Rogers.


... e la porta si chiuse sul pavimento...

Jeff Bridges è davvero un grande attore, come al solito bizzarro e stravagante. Il film di Tod Williams è la storia di una coppia sconvolta dall’atroce morte dei due figli adolescenti, rivolgendo ognuno a suo modo le attenzioni verso la loro bambina di sei anni che comunque non ha impedito alla madre di morire interiormente.  Il padre, scrittore o come afferma lui stesso un intrattenitore per bambini riesce a sopravvivere grazie al lavoro, distraendosi ritraendo come modelle altre donne.
Eddie, adolescente, con velleità di scrittore viene assunto dal marito perché assomigliante ad uno dei figli per dare in qualche modo conforto alla moglie. La storia si trascina e vive nell’inevitabile, per il regista, rapporto erotico tra la ormai ex moglie e il giovane werther e il trastullarsi del marito con una modella sino all’abbandono di lei che sfugge ai doveri di madre, il giovane licenziato e… la porta sul pavimento che si chiude nel dramma… 




recensione di frabel





  

lunedì 7 marzo 2011

Neige, genialoide talento francese degli Alcest












L'Upload Festival con il suo concorso per nuovi talenti, pensato per i giovani musicisti d'Italia (ma anche di altre regioni europee), è ormai giunto alla sua IV edizione.Accreditati  per la manifestazione musicale che farà tappa anche nel Nord Tirolo e precisamente il 9 aprile 2011 al PMK di Innsbruck è la band francese del genio ribelle Neige, Alcest






Gli Alcest sono un gruppo metal formatosi nel 2000 da un progetto musicale, di rivelazione recente, nato dalla mente di Neige (nuovo giovane genio della scena estrema), già fondatore di A-me-soeurs e Peste noir, oltre che cantante attuale dei Forgotten Woods. La Line Up della band comprende oltre che Neige (pseudonimo di Stéphane Paul) strumentista poliedrico (basso, batteria, lead guitar e cantante) dal batterista Winterhalter e nei concerti dal vivo anche l’apporto del bassista Indria e la  chitarra d’accompagnamento Zero.Neige il botto lo ha fatto con gli ex componenti Aegnor alla chitarra e Argot al basso con il full- lenght d’esordio “Souvenirs d’un autre monde”, etichettato come darkwave, il disco propone un suono molto vicino a quello di Agalloch, Anathema e Katatonia, con atmosfere cupe, ad eccezione di “Tir Nan Og”, che ricordano i migliori Anathema.






All’inizio non risulta particolarmente eclatante ma riascoltandolo si può affermare che si tratti di uno splendido disco (metal?) ma i commenti più approfonditi è meglio lasciarli a chi se ne intende di più sul genere. In seguito con lo split album “Tristesse hivernale/Aux funérailles du monde, Neige (neve in francese) muta le sonorità black metal della band in uno stile musicale vicino allo shoegaze.Più tardi, Neige ha annunciato in un blog che il seguito di “Souvenirs d’un autre monde” sarebbe stato registrato dal 27 luglio a metà agosto 2009, e l’uscita prevista per il marzo 2010.La promessa è stata mantenuta quando il 29 marzo 2010 è uscito il secondo full-lenght degli Alcest: “Ecailles de lune”.






Alcest è un progetto musicale nato nel 2000 dalla mente genialoide di Neige ("neve" in francese, pseudonimo di Stéphan Paul) ex componente di Peste noir, Mortifera, Phest, A-me-soeurs, Lantlos e Valfunde al quale si unirono poco tempo dopo altri due musicisti, Aegnor (ex Peste noir e Valfunde) e Argoth (ex Peste noir), tutti originari di Bagnois-sur-Cèze, in Francia. La band lanciò inizialmente un demo dal titolo “Tristesse hivernale”(2001) con sonorità black metal. Poco tempo dopo però i due componenti del gruppo che si erano uniti agli Alcest, Aegnor e Argoth, lasciarono la band e Neige ritornò quindi l'unico esponente. Il geniale musicista francese nel tempo ha mutato le sonorità black metal della band in uno stile musicale vicino allo shoegaze. Nel 2009 si è unito alla band il batterista Winterhalter.






Nella visione infantile di un bambino, Neige immaginava spesso di essere in contatto con un paese lontano, un "fairy land": un luogo fantastico e magico, dove vive libero e felice un piccolo gruppo di elfi, con «colori, forme e suoni che qui non esistono» come egli stesso ama definire. La sua musica è profondamente legata al concetto ancestrale e tendono a raffigurare un luogo e delle sensazioni estatiche, un progetto, una ricerca reale, un perpetuo vagare attraverso luoghi sconosciuti con la speranza di fare luce sui misteri di questa esperienza esoterica.






Il progetto Alcest è l'adattamento musicale dei ricordi di questo mondo fantastico: Neige con la musica degli Alcest cerca di portare l'immaginazione dell'ascoltatore verso i ricordi della sua infanzia. Questo tipo di concetto è stato introdotto con l'ep “Le Secret”. Neige nel 2007 ha firmato un contratto con la label tedesca Prophecy Productions e con “Souvenirs d'un autre monde” ha proseguito questo intento.






Le prime recensioni di “Le secret” accreditarono lo stile degli Alcest come una versione black metal fredda e malinconica, con grande sorpresa e delusione da parte di Neige. Il musicista francese infatti, in un’intervista apparsa sulla webzine Aeternitas Tenebrarum Music Foundation, rispose seccato a queste interpretazioni, così come ai pareri che decretavano la sua voce piena di uno stato d’animo oscuro: «Un umore oscuro???... Mi rattrista veramente questo parere, poiché ciò dimostra che non sono riuscito a comunicare quello che avevo dentro di me ... Volevo solo creare un canto "materno", ipnotico e surreale, simile a quello che sento come afferente al fiabesco, certamente non un "canto tetro". Le mie melodie sono sì strane, ma non stressanti, almeno spero di no! La produzione scadente e il canto strozzato possono forse spiegare le cose.






Se tu avessi almeno capito il significato dei miei testi, non credo che si sarebbe detto ciò, perché non sono testi tristi o ansiosi, che tengo invece per i Mortifera. Ho in programma di registrare nuovamente “Le Secret” molto presto, mi auguro che questa volta non vi sarà alcun fraintendimento in quanto non sei la prima persona a valutare la mia musica come musica dark. » Un altro malinteso è l’idea che vi siano delle voci femminili in “Le secret”, la voce nell’ep è invece sempre quella di Neige. “Souvenirs d’un autre monde”, invece, include la voce femminile di Audrey da A-me-soeurs. In una recente intervista con Neige condotta da una label indie, il cantante francese ha affermato che “Souvenirs d’un autre monde” ha richiesto tra i 5 e i 7 anni per venire pubblicato, e quando gli venne chiesto di fare un altro full-lengt ha detto ai suoi fans che “devono prendersi il tempo per capire davvero “souvenir” e devono pazientare ancora prima di poter ascoltare un altro album”. Più tardi, Neige ha annunciato in un blog che il seguito di “Souvenir” sarebbe stato registrato dal 27 luglio a metà agosto 2009, e l’uscita prevista per il marzo 2010. Questa promessa è stata mantenuta quando il 29 marzo 2010 uscì il secondo full-lenght degli Alcest: “Écailles de lune”.






Uno sconosciuto ragazzino d'oltralpe rendeva possibile un sorprendente matrimonio tra Burzum e My Bloody Valentine: cos'era, shoegaze suonato (e cantato) con furia black-metal? O piuttosto black-metal caduto chissà come in trance estatica da rapimento shoegazer? L'idea non era poi nemmeno così innovativa: basti pensare agli Ulver di "Bergtatt" o a certi episodi dello stesso Burzum per avere illustri predecessori. Ma qualunque cosa fosse "Le Secret", e fregandocene di quanto fosse originale, una cosa è sicura: quel breve lavoro era un piccolo scrigno di inaudita bellezza. Ancora piccola cosa però per dare il giusto sfogo a un talento immenso, prestato anche a varie altre band (tra cui i redivivi Forgotten Woods e gli splendidi A-me-soeurs).






Ma adesso Alcest ci regala finalmente non più piccoli squarci, ma un'intera collezione di istantanee del suo mondo carico di spleen, e lo fa stavolta rinunciando del tutto ai residui estremi, per dedicarsi esclusivamente a una forma rivitalizzante di shoegaze magico e naif, di devastante potenza emotiva. Strati su strati di chitarre ci accolgono con una intro maestosa e articolata, poi un breve intervallo acustico, vociare di bambini, ed ecco che "Printemps Emeraude" esplode in un accecante trionfo di colori, in una melodia strappacuore, in un muro di suono che vola ad altezze irraggiungibili.






Canzoni lunghe, passo tranquillo e sicuro, Neige sa prendersi tutto il tempo necessario per permettere ai suoi affreschi di colpire con tutto il loro potere evocativo. La title track si apre con un rassicurante arpeggio acustico, per poi premere di nuovo sul pedale del distorsore e scodellare un'altra indimenticabile melodia, e un altro muro di chitarre infuocate di passione. "Les Iris" rallenta ulteriormente il passo, l'umore si fa meno sorridente e più meditativo, le chitarre sembrano tremare di ricordi infelici. Eppure il canto di Neige resta leggero come una piuma anche quando, nel finale, si ritrova immerso in arrangiamenti spaziali e tumultuosi.






A dominare, infatti, è pur sempre la dolcezza, che pervade tanto gli scenari assolati e bucolici, sebbene intrisi di infinita maliconia, di "Ciel Errant", quanto il romanticismo disperato della straordinaria "Sur l'autre rive je t'attendrai", dove la voce femminile (di Audrey Sylvain) dona ulteriore purezza alle ariose melodie dipinte da Neige."Tir nan Og" chiude l'opera in toni giocosi da "sera del dì di festa", almeno finché una pensosa parentesi acustica incupisce leggermente l'atmosfera.
Ma il finale riprende il volo leggerissimo che ci conduce, in dissolvenza, verso - purtroppo - l'uscita dal sogno ovattato a cui Neige ha dato vita.






I ricordi di Alcest riportano in auge il tempo lontano dei primi Slowdive, e persino con più calore, spontaneità e ingenuità riesce a immergere l'ascoltatore nelle più incontaminate brume della memoria: i paesaggi interiori di Alcest sono quanto di più prezioso potesse capitare al beneamato shoegaze per tornare prepotentemente in vita così come lo abbiamo amato nella sua forma più pura. Anni e anni a correr dietro a next big thing di estrazione cosiddetta indie, una più inconsistente dell'altra, ed ecco che il miracolo lo fa un 21enne francese nato nei bassifondi del vituperato black-metal con un acerbo, piccolo capolavoro che rapirà, si spera, il cuore di tutti voi.









di frabel

mercoledì 2 marzo 2011

La rivolta del Nord Africa influenza i popoli islamici.





                                                                        La rivolta libica


Reazione a catena

Libia.
Esponenti dell’opposizione libica hanno annunciato a Bengasi la nascita di un “Consiglio Nazionale”, che coordinerà i gruppi dei rivoltosi e governerà le aree del paese liberate dal regime. Non si tratta di un governo provvisorio ed è esclusa qualsiasi possibilità di negoziato con Gheddafi. Fonti dell’opposizione hanno indicato che molte città dell’Ovest sono “nelle mani del popolo” e stanno preparando una marcia per liberare Tripoli. Gheddafi controllerebbe ormai solo la caserma bunker in cui si è asserragliato e non intende abbandonare il paese. Il rais emula Saddam Hussein e minaccia: “Ci saranno migliaia di morti se ci sarà un intervento militare degli USA e della Nato in Libia”. Abbiamo costretto l’Italia ad abbassare la testa nei nostri confronti. Siamo andati in Italia portando il figlio Omar Muktar, e li abbiamo costretti a scusarsi per la colonizzazione”. E ancora: “Vogliono farci tornare schiavi come sotto gli italiani? Non lo accetteremo e combatteremo fino all’ultimo uomo perché è in atto una cospirazione per appropriarsi del nostro petrolio”. Esiste la concreta possibilità per Muammar Gheddafi di andare in esilio per mettere fine allo spargimento di sangue in Libia. Gli Stati Uniti stanno ridispiegando le proprie forze navali e aeree intorno alla Libia per essere pronti a ogni eventualità. Mobilitata, fra le altre, la portaelicotteri anfibia d’assalto USS Kearsarge (LHD-3) con lancia missili difensivi RIM-116 RAM che trasporta 5 bombardieri a decollo verticale Harrier, e un contingente di oltre 1.800 marines. La Tunisia da sola non ce la può fare, il collasso della Libia sta rovesciando sul suo territorio almeno 5-10 mila rifugiati al giorno. Secondo le stime delle Nazioni Unite, sarebbero ormai 110 mila i profughi ammassati a ridosso della frontiera. L’operazione “Missione umanitaria” in Tunisia per assistere i profughi provenienti dalla Libia promossa dal governo italiano  comincerà “entro 48 ore” con presumibilmente l’apporto del governo britannico. Sarà allestito un campo profughi, che servirà a dare assistenza a quelle popolazioni, ma anche a impedire che partano verso l’Italia.




                                        Profughi ammassati a ridosso della frontiera tunisina



Tunisia.
5 persone sono rimaste uccise nelle proteste di fine settimana a Tunisi. Il paese è sempre in preda a una forte instabilità politica, dopo la caduta dell’ex presidente Ben Ali, lo scorso 14 gennaio, le dimissioni del primo ministro Ghannouchi, del ministro dell’Università e Ricerca Ibrahim, e di quello per lo sviluppo regionale Nejib, a capo del governo si è insidiato l’ottantaquattrenne Beji Caid Sebsi, di ispirazione liberale, già ministro all’epoca della presidenza Burghiba. Il nuovo premier Sebsi dovrebbe annunciare nei prossimi giorni la nascita di un’Assemblea costituente, incaricata di riscrivere la Costituzione prima del voto di luglio.

Iraq.
Cortei e violenze a Bagdad e Mosul, morti e feriti.

Iran.
La polizia di Teheran ha usato i gas lacrimogeni contro una manifestazione indetta dall’opposizione per chiedere il rilascio dei suoi leader, Mussavi e Karrubi, di cui  non si sa nulla. Alcuni siti web riferiscono che migliaia di agenti e miliziani islamiti basiji si sono schierati lungo le vie principali della capitale per impedire il corteo. Le forze dell’ordine non hanno per ora fermato i manifestanti: la situazione è in costante evoluzione. Le autorità secondo i blogger dell’opposizione hanno ripreso a sequestrare antenne paraboliche per impedire la visione delle emittenti estere.

Yemen.
Proteste ad Aden e nella capitale Sana’a contro il presidente Saleh, un morto e una ventina di feriti. E’ braccio di ferro nello Yemen tra dimostranti anti-regime e il presidente Ali Abdallah Saleh, despota al potere da anni. Come per l’egiziano Hosni Mubarak anche per lo yemenita Saleh le richieste della popolazione non cambiano: caduta del regime e dimissioni.



                                                               Piazza Tahrir al Cairo


Egitto.
Tensione a piazza Tahrir, luogo simbolo della rivolta di gennaio, tra polizia e dimostranti, che non intendono andarsene.
Il deposto presidente Hosni Mubarak, e la sua famiglia, non possono lasciare il paese, il divieto di espatrio ordinato dalla Procura è stato deciso perché sono in corso le indagini giudiziarie a suo carico. I beni di Mubarak e famiglia sono su richiesta della Corte d’Assise in attesa di congelamento.

Bahrein.
Il principe erede ha annunciato colloqui con l’opposizione sciita che chiede riforme politiche.

Oman.
L’onda delle rivolte anti-regime si estende nel sultanato dell’Oman, dove finora cinque dimostranti sono stati uccisi. A Sonar la polizia per sedare la contestazione contro il governo ha sparato proiettili di gomma. Nel secondo giorno consecutivo della protesta, che chiede riforme politiche, posti di lavoro e aumenti salariali, i dimostranti hanno bloccato il porto. Si manifesta anche nella città meridionale di Salalah.

Costa d’avorio.
Scontri fra i seguaci di Quattara, presidente eletto, e quelli di Gbagbo, presidente uscente, si sono ora estesi alla capitale Yamoussoukro. 







di frabel












domenica 20 febbraio 2011

The End... my only friend, The End...








Il mito.

Senza dubbio Jim Morrison è stato un mio mito giovanile e lo è tuttora ma anche per la gioventù attuale lo è, non fosse altro per le decalcomanie che si vedono ancora in giro, e anche il film di Oliver Stone ha contribuito a consacrarlo.
Un sex-simbol degli anni '70, considerato posseduto dal demonio dai ben pensanti per il modo sinuoso e peccaminoso di muoversi sul palco e di fare sfacciatamente uso di droga. 
Al pari di Elvis "The Pelvis" Presley che ha avuto un impatto con la sua presenza scenica nella cultura americana e mondiale con i suoi caratteristici movimenti del bacino. (frabel)





Jim Morrison nacque l'8 dicembre 1943 a Melbourne in Florida da un ufficiale di marina e da un casalinga. Cantante, poeta, film-maker, è stato soprattutto una leggenda della musica.
Voce leader dei Doors, è stato uno dei principali riferimenti per intere generazioni di giovani negli anni della guerra del Vietnam, dell'assassinio dei fratelli Kennedy e di Martin Luther King. 
Animale da palcoscenico, eroe maledetto, angelo ribelle, il Re Lucertola - Lizard King - è stato profeta della libertà. 
Per i suoi inviti alla trasgressione l'FBI ha aperto un dossier su di lui, e nel 1969 è stato perfino arrestato per oscenità. 
La sua morte precoce nel 1971 lo ha trasformato in un mito: da allora le raccolte dei Doors continuano ad andare a ruba, e ogni anno migliaia di giovani si recano in pellegrinaggio sulla sua tomba nel cimitero di Père Lanchaise a Parigi.




Di famiglia medio borghese, aveva due fratelli ai quali non si sentì mai particolarmente legato. 
Trascorse la sua infanzia cambiando spesso paese a causa dei trasferimenti di suo padre, uno dei motivi che lo hanno sempre immerso in un contesto di solitudine. 
Tra lui e la sua famiglia non correvano buoni rapporti così appena fu possibile se ne andò per frequentare l'università cinematografica dell'UCLA. 
Si può dire che fu proprio durante gli studi universitari che Morrison si creò la prima vera cerchia di amici. 
L'humus e le possibilità che regnavano nell'ateneo e nel frequentare le lezioni gli davano infatti l'opportunità di conoscere un numero straordinario di persone. 
Infatti ebbe tra l'altro come compagno di studi Francis Ford Coppola.
Inoltre, fu proprio frequentando l'Università che incontrò un futuro componente dei Doors, il chitarrista e compositore Roy Manzanek, il quale coinvolse Morrison nelle sue già avviate attività musicali, come quella di apparire per gioco in alcuni concerti organizzati da lui.
L'idillio però non durò a lungo, poichè Morrison abbandonò l'università dopo che un suo cortometraggio fu rifiutato per una apparizione al "Royce Hall".






Iniziò così a frequentare la spiaggia di Venice, luogo che vide la nascita di molte canzoni come "Hello, I love you" e "End of the night". 
Formò poi un gruppo appunto col suo amico di università Ray e decise di chiamarlo "the Doors", nome ricavato dalle strane elucubrazioni che Morrison era solito fare: egli infatti sosteneva esistessero nel mondo il noto e l'ignoto, e che questi due mondi fossero divisi da una sorta di porta: ed è proprio una di queste "porte" comunicanti che lui voleva essere. 
Intanto, il cantante era arrivato ormai al punto di prendere pasticche di LSD con grande facilità, arrivando a fare azioni bizzarre e discutibili, come quella di andare nel deserto per provare la mescalina nella sua forma pura: aveva letto che, secondo alcuni studi, dava effetti di vera follia...






Esplosi i Doors con il primo, splendido album (uno dei migliori esordi della storia del rock), Morrison divenne per milioni di fan un'avvincente ribelle, mentre per l'America benpensante rappresentava una sorta di pericolo pubblico. 
La sua vita "sentimentale", sempre molto affollata, era minata da comportamenti lunatici ed imprevedibili: passava da una calma assoluta ad attacchi improvvisi di violenza. 
Nel 1970 Jim sposò Patricia, una delle sue donne, con un matrimonio "Wicca" (un rituale che corrisponde ad una specie di unione cosmica). 
Il matrimonio, come prevedibile, non durò a lungo, a causa dell'inesausta "poligamia" di Morrison.



                      La tomba di Jim Morrison nel cimitero parigino di Père Lancaise


Dopo una vita all'insegna di eccessi di tutti i tipi, Morrison si spense il 3 luglio 1971, a soli 27 anni, generando da quel momento un'infinità di pettegolezzi e false notizie circa le modalità (o addirittura la veridicità) della sua scomparsa. Le cause della sua morte infatti sono tuttora ignote: Pamela Carson, la sua compagna del momento, morta oltretutto di overdose tre anni dopo di lui, disse solo di averlo trovato morto nella vasca da bagno. 
Quando gli amici arrivarono a Parigi, poi, la bara era già chiusa. 
Non poterono dunque vedere il cadavere del cantante ma solo visionare il suo certificato di morte. 
L'autopsia non fu fatta. 
Il certificato medico parla genericamente di "morte naturale" per arresto cardiaco.





A Parigi, nella Ville Lumiere, si era trasferito quattro mesi prima assieme alla sua ragazza. 
Ne aveva abbastanza dei Doors e della California, malgrado la band gli avesse dato fama e ricchezza. 
Voleva costruirsi una nuova vita come poeta. 
"Il rock è morto", ripeteva. 
Oggi la sua tomba nel cimitero parigino Pére Lachaise è un monumento nazionale e viene visitato da una media di cento fans al giorno.




Jim Morrison, studente di Cinema alla UCLA di Los Angeles, condusse una vita in stile bohémienne nelle vicinanze di Venice Beach. 
Un incontro casuale con il compagno di università Ray Manzarek li portò alla formazione dei Doors, in cui confluirono poi anche il chitarrista Robby Krieger e il batterista John Densmore. 
Il nome The Doors (Le Porte) deriva dal verso di una poesia di William Blake. 


"If the doors of perception were cleansed, everything would appear to men as truly it is: infinite."
"Se le porte della percezione fossero purificate, tutte le cose apparirebbero agli uomini come sono veramente: infinite." (William Blake, The Marriage of Heaven  and Hell)


Come diceva lo stesso Morrison: "Ci sono il noto e l'ignoto, e in mezzo ci sono le porte".




Per i Doors, il successo arrivò dopo l'uscita del primo omonimo album il 4 gennaio 1967; la loro musica era un blues rock psichedelico originale, con le tastiere di Manzarek che davano l'impronta al sound con motivetti vaudeville, boogie woogie e jazz; con la chitarra-flamenco di Krieger (ora gitana, ora hawaiana) che duettava con le tastiere e creava l'atmosfera su cui poteva incedere la voce di Morrison. Il secondo album, forse, ebbe ancora più successo, "Strange Days". Poi uscì "Waiting for the sun" il terzo album. Il quarto "The soft parade", che a lui, non piacque molto. Infine gli ultimi due, "Morrison Hotel" e "L.A.Woman", caratterizzati da un suono quasi totalmente blues. Morrison fino alla fine dei suoi giorni si riconobbe come un vero e proprio poeta, non sopportando tutti quelli che andavano a vedere i Doors ai loro concerti solo per gli spettacoli e le vicende che si creavano, senza ascoltare una sola parola delle poesie da lui create.




Tra i vari soprannomi di Jim Morrison si possono ricordare Mr. Mojo Risin (un anagramma del suo nome), il Re Lucertola (da un verso del suo poema Celebrazione della lucertola "I'm the lizard king, I can do anything", parte del quale appare nell'album del 1968 "Waiting For The Sun" nella canzone "Not To Touch The Earth").




Nel 1970 Morrison partecipò ad una cerimonia simile ad un matrimonio, celebrata in stile Wicca, per ufficializzare la sua unione con la giornalista/scrittrice Patricia Kennealy; ma Morrison non la considerò molto seriamente, così come racconta in un'intervista nel libro Rock Wives della Kennealy.
La relazione infatti non durò molto.
Anche se fonti attendibili dichiararono che questa relazione fu tutta una storia inventata dalla Kennealy. 

La relazione più seria e duratura fu quella con Pamela Courson (22 dicembre 1946 - 25 aprile 1974), definita "compagna cosmica" da Jim Morrison, che la incontrò per la prima volta a Los Angeles nel 1965.
Pamela morì per overdose tre anni dopo il compagno.





Negli anni di ascesa al successo dei Doors con l'album omonimo e il singolo di maggior successo "Light My Fire", lo stile di vita "sesso, droga e rock and roll" di Jim era sempre più intenso; egli divenne così un accanito alcolista e la band ne risentì.
Nel 1969 fu accusato di aver mostrato i genitali al pubblico durante un concerto a Miami e di aver simulato una fellatio con Krieger mentre suonava: per questo fu processato e condannato. 
Nel 2011 lo stato della Florida ha riconosciuto la grazia postuma al cantante dei Doors. 
Le prove addotte sono state oggetto di contestazione, Morrison si è sempre proclamato innocente e non sono state depositate testimonianze da parte dei suoi compagni di band, a pochi metri da lui in quel momento.






Secondo Morrison, uno dei più importanti eventi della sua vita avvenne nel 1947 durante un viaggio con la famiglia nel Nuovo Messico. 
Egli descriveva così questo fatto: "La prima volta in cui ho scoperto la morte... io, mia madre, mio padre, mia nonna e mio nonno stavamo viaggiando in auto attraverso il deserto all'alba. 
Un camion carico di Indiani Navahos aveva sbattuto contro un'altra auto o qualcos'altro: c'erano Indiani insanguinati che stavano morendo sparsi per tutta la strada. 
Ero solo un bambino e per questo dovetti restare in macchina mentre mio padre e mio nonno scesero a guardare.
Tutto ciò che vidi fu una divertente vernice rossa e della gente distesa attorno, ma sapevo cosa stava succedendo, perché riuscivo a sentire i fremiti delle persone intorno a me, e all'improvviso capii che loro non sapevano più di me cosa stava accadendo. 
Quella fu la prima volta che ebbi paura... ed ebbi la sensazione, in quel momento, che le anime di quegli Indiani morti - forse una o due di esse - stavano correndomi intorno, ed entravano nella mia anima, e io ero come una spugna, pronto a sedermi là e assorbirle".
Su questo fatto è basata la canzone Peace Frog dei Doors, scritta proprio dallo stesso Morrison diversi anni più tardi.




"Voglio sentire il sapore, voglio ascoltarla, voglio annusarla. La morte viene una volta sola, giusto? Non voglio mancare all'appuntamento. [...] Amico non lo so. Potrebbe essere l'esperienza che ti fornisce il pezzo mancante del mosaico…" (Jim Morrison)


Morrison si trasferì con Pamela Courson a Parigi nel Marzo 1971, con l'intenzione di dedicarsi solo alla poesia e di smettere di bere. 
Muore in circostanze mai chiarite del tutto nella sua casa parigina di Rue de Beautreillis, nel Marais, il 3 luglio 1971. 
Secondo la versione ufficiale, viene trovato privo di vita nella vasca da bagno da Pamela. 
A ventisette anni Jim trova così la tanto decantata fine ("... The End... my only friend, The End... "). 
Lasciò tutto ciò che aveva alla sua amata Pam che morì tre anni dopo, il 25 aprile 1974. 




Dopo la morte di Morrison, i giornalisti pubblicarono articoli nei quali si parlava della "Maledizione della J".Dopo la morte di Robert Johnson, Janis Joplin, Brian Jones, Jimi Hendrix e ora anche Jim Morrison (tutti a 27 anni), si ipotizzò avessero i giorni contati anche John Lennon e Mick Jagger ("And we laught, like tender children, not satisfied in our souls full for madness" / "E ridiamo come teneri bambini insoddisfatti nei nostri animi colmi di follia" ebbe a scrivere per l'occasione). 
Per il trentennale della sua morte nel 2001 è stato pubblicato un DVD, The Doors – 30 Years Commemorative Edition. 
Molti fan e biografi hanno sostenuto che la causa della sua morte sarebbe stata un'overdose, i referti medici ufficiali parlano di arresto cardiaco, ma non fu eseguita alcuna autopsia. Jim è sepolto nel famoso cimitero del Père Lachaise nella capitale francese.




Ancora oggi la sua tomba è meta di pellegrinaggi da parte di migliaia di visitatori, curiosi e turisti, attratti dal suo mito. 
L'attuale sepoltura con l'epitaffio in greco è però un rifacimento di quella originale, che era sormontata da un busto marmoreo raffigurante Jim e che è stato rubato pochi anni or sono.
Questa sostituzione, effettuata per conto dei genitori del cantante, riporta una frase in greco antico (ΚΑΤΑ ΤΟΝ ΔΑΙΜΟΝΑ ΕΑΥΤΟΥ) il cui senso si riferisce alla coerenza con cui egli visse e la cui traduzione letterale è: nel segno del suo demone
Si è sostenuto che Morrison viva ancora in incognito una vita segreta con Pamela. 
Le voci su una presunta seconda vita si moltiplicarono in seguito alla pubblicazione del libro Vivo! di Jacques Rochard, un grafico francese, che sostiene di aver incontrato Morrison a Parigi nel 1980 ed al quale Morrison stesso avrebbe confessato di aver inscenato la propria morte per sottrarsi alla pressione della popolarità e dedicarsi alla poesia.





Diverse persone che frequentarono Jim a Parigi, ricordarono e ricostruirono i momenti di quella tragica notte del 3 luglio 1971. 
In particolare un buttafuori del locale notturno "Rock'n'Roll Circus" ricorda di aver visto Jim quella sera incontrare uno spacciatore che vendeva abitualmente droga a Pamela: Jim, sperimentatore di eccessi, aveva provato l'eroina solo due giorni prima con Pamela. 
Poco più tardi il buttafuori venne chiamato da alcuni clienti che dicevano di un uomo che si era sentito male alla toilette, ma quando arrivò l'uomo era già stato portato via. 
Altri fatti sono stati giornalisticamente posti in relazione con la morte di Morrison: il conte Jean de Breteuil, che forniva l’eroina l'eroina a Pamela, il giorno dopo partì in tutta fretta con la sua fidanzata per il Marocco dove rimase poi per alcuni mesi. 
Un altro amico si confidò con un'amica modella di Jim, Elizabeth Lariviere (detta Zozo), preoccupato perché Jim potesse essere morto in seguito alla droga che gli era stata data. 
Poiché per chi è in stato di overdose è importante non addormentarsi, e poiché una tecnica usata è quella di immergersi o immergere il corpo in una vasca di acqua fredda, si è congetturato sulla voce che voleva che Mr. Mojo Risin sia stato trovato morto proprio nella vasca da bagno.
La mattina del 7 luglio 1971 si celebrarono in gran segreto i funerali presso l'unico cimitero che ospita gli stranieri a Parigi, il Père Lachaise. 
Parteciparono la fidanzata Pamela Courson, il manager Bill Siddons e gli amici Agnès Varda e Alain Ronay.




In una recente intervista rilasciata all'inglese Daily Mail, il tastierista ex Doors Ray Manzarek ha rivelato che Jim Morrison, in vita, avrebbe più volte fantasticato sull'intenzione di simulare la propria morte per trasferirsi alle Seycelles, dando nuovo vigore alle diverse leggende metropolitane nate e sviluppatesi nel corso degli anni. 
Secondo un articolo del 9 luglio 2007 del quotidiano la Repubblica Jim Morrison non sarebbe morto per cause naturali ma di overdose in un night club del quartiere latino di Parigi chiamato Rock'N'Roll Circus. Sam Barrett, amico del leader dei Doors, racconta che la sera del 3 luglio 1971 Jim sniffò una dose massiccia di eroina e si chiuse dentro il bagno del locale. 
Mezz'ora dopo Barrett fu avvisato che Jim non usciva, buttarono giù la porta e lo videro steso per terra con la schiuma alla bocca. 
Un medico che era al night club in quel momento disse che si trattava di overdose, così Barrett e Pamela, per nascondere il tutto, portarono il cadavere a casa nella vasca da bagno fingendo che fosse morto per cause naturali. 
I sostenitori della teoria del complotto affermano che la morte di Jim fu tutta una messa in scena da parte della CIA (con la sua, anche quella Jimi Hendrix e Janis Joplin), per "far fuori" dalla circolazione questi "cantanti maledetti" che con la loro musica sedussero milioni di fans a rifiutare la guerra in Vietnam e vivere in libertà. Si decise che i tre artisti erano figure negative per la società al punto da influenzare giovani e fan dell'epoca. 
Si creò quindi una cospirazione che causò una sorta di noncuranza nei confronti di questi "soggetti", dei quali non si seppe più nulla, se non soltanto sotto forma di fantastiche leggende sulla vita e sulle presunte morti.


                 Val Kilmer protagonista del film di Oliver Stone The Doors


La leggenda di Jim Morrison è stata raccontata nel 1991 da Oliver Stone nel film biografico The Doors, con Val Kilmer nella parte di Morrison. 
Gli amici più stretti del cantante ritennero che il film desse una visione del tutto distorta e parziale della realtà. 
Lo stesso Ray Manzarek, interpellato da Stone in qualità di consulente, sciolse la collaborazione in seguito al rifiuto di Stone di modificare alcune scene ben poco realistiche e molto spettacolari, e da allora riservò al regista parole aspre.














tratto da biografieonline.it e Wikipedia














riadattato da frabel
























   





sabato 8 gennaio 2011

Steve McQueen il mito vivente









Steve McQueen, nato Terence Steven McQueen (Beech Grove, 24 marzo 1930 - Ciudad Juàrez, Chihuahua, 7 novembre 1980), m 1,75, è stato un attore statunitense. McQueen è stato uno dei più celebri attori tra gli anni sessanta e gli anni settanta. Famoso per il suo atteggiamento spericolato e da anti-eroe, nonostante sia sempre stato un attore piuttosto problematico per registi e produttori, riuscì sempre ad ottenere ingenti compensi e ruoli di rilievo.Ombroso, tenero, aggressivo, lunatico e diffidente, ha vissuto una vita 'spericolata', fino a quando un male incurabile gli ha rubato quella vita beffarda, così come un'infanzia difficile gli aveva rubato la gioventù spensierata.
Nato il 24 marzo del 1930 a Beech Grove, un sobborgo di Indianapolis nell'Indiana, Steve McQueen non ha mai conosciuto suo padre, di cui si sa solo il nome, Bill, un marinaio con un passato da aviatore acrobatico, amante del gioco d'azzardo e della bottiglia, che lo abbandonò sei mesi dopo la nascita.
Steve, dal canto suo si dimostra ribelle sin da bambino.
La madre non potendolo allevare, lo affida ad uno zio, proprietario di una fattoria a Slater, nel Missuri, dove Steve, trascorse l'infanzia e buona parte dell'adolescenza.
Dallo zio impara ad andare a caccia, e tale passione non lo abbandonerà più, per tutta la vita.






Uscito da quella che rimarrà l'esperienza più dolorosa e traumatica della sua vita, con i pochi soldi che la madre gli ha messo in tasca, sale su un bus e, nel 1946, arriva a New York, dove, nel frattempo la donna si era trasferita.
Ma la madre e il patrigno gli voltano le spalle e si rifiutano di accoglierlo in casa, e così Steve comincia la vita "on the road", peregrinando da un posto all'altro, per le strade d'America.
Prima fa tappa a Los Angeles, dove fa il bullo di quartiere, poi torna a New York.

All'età di sedici anni si arruola nella marina mercantile e si imbarca su una nave cisterna, la "SS Alpha".
La vita di bordo però, non è appagante, e così dopo un po', abbandona la nave, attraccata a Cuba e attraverso la Repubblica Dominicana, rientra negli Stati Uniti.

Un giorno, mentre sta oziando al sole, su una spiaggia della Carolina del Sud, decide di partire volontario per il militare, e nell'aprile del 1947, un mese dopo aver compiuto diciassette anni si arruola nel corpo dei marins, militandovi per tre anni.





                         Steve McQueen alle verifiche di una gara motociclistica



Nel 1950 si congeda e torna sulla strada, a fare la vita di sempre: lavora in un campo petrolifero in Texas, poi va in Canada dove fa il boscaiolo, poi torna a New York e affitta, per 19 dollari al mese, un appartamento al Greenwich Village.
Per mantenersi fa i più disparati mestieri come, fattorino per un deposito di televisori, commesso per un negozio di scarpe, tassista e quant'altro.

Soltanto nel 1951, spinto dall'allora fidanzata, Neile Adams, un'artista di discreto successo a Bradway, si convince a tentare la carriera d'attore, e si iscrive alla "Neighborhood Playhouse", che frequenta assiduamente per due anni.
Per pagarsi la retta, piuttosto salata, guida fino alle tre di notte un furgone postale, eppure, nonostante la stanchezza, puntuale, ogni mattina è in classe a studiare recitazione, con Huta Hagen e Herbert Berghof.
Lasciata la scuola, dopo aver ottenuto un ruolo in una produzione teatrale yiddish, nel 1955 entra nel prestigioso Actor's Studio di Lee Strasberg, a New York, dopo aver superato a pieni voti il provino d'ingresso, unico, assieme a Martin Landau, su 2000 candidati che si presentarono.

Alterna allo studio della recitazione, l'altra sua grande passione, le corse motociclistiche, alle quali partecipa nei fine settimana, aggiudicandosi anche diverse coppe.







L'anno successivo a San Clemente, in California, Neile Adams diventa la sua prima moglie.
Il matrimonio dura quindici anni, nascono due figli: Chad e Terry Leslie, e si conclude col divorzio nel 1971.

Dopo il matrimonio, Steve si trasferisce con la moglie a Los Angeles, e subito viene scritturato da Robert Wise per la piccola parte di Fidel nel film Somebody up There Likes me - Lassù qualcuno mi ama, biografia romanzata del pugile, campione mondiale dei pesi medi, Rocco Barbella detto Rocky Graziano, a fianco dei più noti Paul Newman e Anna Maria Pierangeli, che rappresenta il suo debutto sul grande schermo. Nelle efficaci sequenze di pugilato Wise sfodera le sue doti di ex montatore. Oscar per la fotografia di Joseph Ruttenberg e per le scenografie di Cedric Gibson, Malcom Brown, Edwin Willis, Keogh Gleason. Scritto da Ernest Lehman e basato sull'autobiografia del pugile.





                        Steve McQueen nella serie televisiva Wanted: Dead or Alive



Ma è la televisione a trasformarlo in una stella, quando, nel 1958 impersona Josh Randall, nella serie TV Wanted: Dead or Alive - Ricercato vivo o morto.
Molti registi lo considerano insopportabile, un attore bravo, dal carisma eccezionale, ma incontrollabile e difficile da dirigere.
Ma Steve, forte di questo successo, non impiega molto a diventare l'idolo di generazioni di giovani, e a far infatuare di se, le donne di mezzo mondo.

Accumula così esperienza e comincia a farsi conoscere con pellicole a basso costo. Nel 1958, Blob - Fluido mortale di Irvin S. Yeaworth Jr. Il blob in sé è un’invenzione fantastica, realizzato molto bene, capace di invadere qualunque luogo e di penetrare ovunque, come nella scena, famosissima, dell’irruzione nel cinema dove, nel buio della sala, fagocita gli spettatori ignari. Colori rutilanti anni ’50 e un cast nel quale primeggia un giovane Steve McQueen, alla vigilia della fama. Oggi, in Italia, il film è famoso soprattutto perché compare nella sigla del programma televisivo "Blob", a cui ha dato il nome. Never Love a Stranger - Autopsia di un gangster di Robert Stevens e The Great St. Louis Bank Robbery - Gli occhi del testimone (1959) di Charles Guggenheim e John Stix.
Lo stile recitativo, intenso e brillante, ma anche puntuale e coinvolgente, gli occhi azzurri, incorniciati da un viso tenero e spudorato, la vita avventurosa e ribelle, fanno di lui uno degli artisti americani fra i più carismatici e anticonformisti, ma anche uno fra i più amati e idolatrati.




                             Steve McQueen accanto a Yul Brynner ne I magnifici sette



Le prime pellicole che lo consacrano star di spessore sono accanto a grandi attori. Il melodramma d'amore Never so Few - Sacro e profano (1959), dove riceve gli apprezzamenti di Frank Sinatra. Tipico film M-G-M dell'epoca della guerra fredda (il 1° interamente hollywoodiano per Gina Lollobrigida), da un romanzo di Tom T. Chamales, sceneggiato da Millard Kaufman. Si fa luce il giovane aitante McQueen. Non è tra i migliori di Sturges; buon successo nei paesi anglofoni, meno in Italia. E soprattutto The Magnificent Seven - I magnifici sette (1960), entrambi di John Sturges, dove oscura la fama di Yul Brynner.
In quest'ultimo, remake in chiave western dell'intramontabile capolavoro di Akira Kurosawa "I sette samurai", Steve è uno dei sette pistoleri (Yul Brynner, Charles Bronson, James Coburn, Robert Waughn, Brad Dexter e Horst Buchholz i compagni) che liberano dalle razzie di una banda di desperatos, gli abitanti di un villaggio messicano con Eli Wallach capo dei peones.
Il film, che ottenne un enorme successo internazionale, costituì un magnifico trampolino di lancio, o il consolidamento del successo, oltre che per McQueen, anche per tutti gli altri interpreti.






                             Steve McQueen in una scena del film Per favore non toccate le palline



Nel 1961 arriva il primo film da protagonista assoluto, e anche il primo ruolo brillante e spigliato, con la divertente commedia Honeymoon Machine - Per favore non toccate le palline di Richard Thorpe con Jim Hutton e Dean Jagger, sulle disavventure di un ufficiale della marina americana, che usa il cervellone elettronico della sua nave per sbancare il Casinò di Venezia.
Nonostante il successo, rimarrà questa la sua unica pellicola "leggera" di McQueen, perchè, d'ora in poi, privileggerà solo ruoli dalla psicologia introspettiva, decisamente più complessi.






   Steve McQueen, Robert Wagner, Shirley Field e Philip Leacock sul set di Amante di guerra



Nel 1962 sono Philip Leacock e Don Siegel a dirigerlo. In The War Lover - Amante di guerra è Leacock, con Robert Wagner e Shirley Anne Field, Dal romanzo "L'amante della guerra" (1959) di John Hersey (1914-93), sceneggiato da Howard Koch, un film schematico e superficiale che restituisce soltanto in piccola parte gli umori e le finezze dell'opera letteraria da cui deriva. Discrete riprese aeree. Musiche di Richard Addinsell (1904-77), il compositore di "Il concerto di Varsavia" (1941). Siegel è il regista di Hell is for Heroes - L'inferno è per gli eroi con Bobby Darin e James Coburn, avvincente e teso film bellico su un episodio della seconda guerra mondiale, avvenuto subito dopo lo sbarco in Normandia. Pur confuso e discontinuo, questo film antibellico è, in un genere facile alle imposture, un'opera insolitamente laconica e grave come il suo antieroico e vulnerabile eroe ribelle.




                        Steve McQueen è il fantastico interprete de La grande fuga



La consacrazione del Gotha cinematografico arriva per McQueen nel 1963, con il film di John Sturges  The Great Escape - La grande fuga, con il ruolo del prigioniero nello Stalag 'Luft Nord', di un campo di concentramento nazista che, insieme ad un gruppo di commilitoni, progettano e tentano una fuga spettacolare, dalla quale in pochi si salveranno. Il cast notevole comprende Charles Bronson, James Coburn, Donald Pleasence, James Gardner e Richard Attenbough.
Di culto sono le sue imprese motociclistiche per sfuggire all'inseguimento e alla cattura, che rimarranno per sempre un classico esempio di spirito avventuroso.
Il personaggio di Virgil Hilts, 'The Cooler King', a metà tra l'eroe e lo scavezzacollo, caratterizzerà molti altri successi futuri, come quello, per esempio, del giovane sergente in Soldier in the Rain - Il soldato sotto la pioggia di Ralph Nelson, che movimenta le giornate di un campo di addestramento, con traffici clandestini, non sempre leciti. Bizzarro film tragicomico di ambiente militare che ha in Jackie Gleason la sua carta vincente. Sceneggiatura di Blake Edwards e Maurice Richlin da un romanzo di William Goldman.






                                                     Steve McQueen è Cincinnati Kid



L'opinione dei critici si divide: il ragazzaccio odioso, che adora fare il pagliaccio sul set, è visto come geniale, irresistibile e spaventosamente egocentrico, ma lavora al massimo della forma e costruisce alla perfezione le sue interpretazioni.
A La grande fuga segue Love with the Proper Stranger - Strano incontro di Robert Mulligan con Natalie Wood e Tom Bosley, dove è Rocky Papasano, il trombettista dell'Est Side italiano di New York, che mette incinta la sua ragazza, ma non ha il coraggio di farla abortire. Mulligan va avanti e indietro dalla commedia al dramma con leggerezza, grazie e un'intelligente sceneggiatura di Arnold Schulman. Buona ambientazione e una coppia di interpreti eccellenti.
In Cincinnati Kid (1965) di Norman Jewison è Eric Stoner magnifico giocatore cinico e astuto, ritenuto il più bravo nel poker scoperto nella New Orleans degli anni trenta, che sfida, nella "partita della sua vita", Lancey Howard, il miglior giocatore d'America (Edward G. Robinson). Il film vanta la più famosa partita a poker del cinema americano con un'ottima ricostruzione ambientale, apprezzabile gusto per i dettagli e duetto impagabile tra S. McQueen e E.G. Robinson, attorniati da coloriti caratteristi. All'origine c'è un romanzo di Richard Jessup, sceneggiato da Ring Lardner Jr. e Terry Southern. Le riprese furono cominciate da Sam Peckinpah.





                                      Steve McQueen con Brian Keith nel film Nevada Smith



Ritorna con Robert Mulligan in Baby, the Rain Must Fall - L'ultimo tentativo (1965) con Lee Remick e Don Murray.
Pur sceneggiato da Horton Foote, autore della commedia all'origine del film (The Travelling Lady, 1957), non convince.
Mentre in Nevada Smith (1966) di Henry Hathaway con Karl Malden e Arthur Kennedy, incarna, con perfetta aderenza, il giovane meticcio il cui unico scopo è vivere per uccidere gli assassini che gli hanno sterminato la famiglia; un western non convenzianle, ispirato al protagonista del romanzo "The Carpetbaggers - L'uomo che non sapeva amare", di Harold Robbins.





                              Steve McQuenn accanto Candice Bergen ne Quelli della San Pablo


 

Nel 1966 è l'eccezionale protagonista del film d'avventure belliche The Sand Pebbles - Quelli della San Pablo (1966) di Robert Wise, la storia di una missione religiosa sul fiume Yangtse in Cina, assediata dai nemici. Il ruolo del marinaio americano imbarcato sulla San Pablo, che accorre in loro aiuto, gli procura la prima nomination agli Oscar come miglior attore protagonista. Gli sono accanto Candice Bergen, Richard Crenna e Richard Attenborough.





                               Steve McQueen in una inquadratura del film Il caso Thomas Crown



Giovane, ribelle e arrabbiato, divenuto ormai un simbolo del cinema hollywoodiano, è protagonista di una serie di film, un paio di western e alcuni polizieschi di classe, entrati di diritto nella storia del cinema.
Comincia nel 1968 con il giallo-rosa Il caso Thomas Crown, dove fa il ladro gentiluomo che prima seduce la detective che lo ha smascherato, poi la sfida a fermarlo; scritto da Alan R. Trustman, è un intreccio d'insieme poliziesco e amoroso insignificante nella sua eleganza, aduggiato da un virtuosismo formalistico fin troppo compiaciuto nella brillantezza della fotografia (Haskell Wexler), l'uso accanito dello split-screen e del montaggio sincopato.






                          Steve McQueen è il protagonista del suo miglior film Bullitt



Poi è la volta del thriller Bullitt di Peter Yates, con accanto Jacqueline Bisset e con Robert Duvall e Robert Vaughn, da tutti considerato uno dei film migliori dell'attore, in cui dà vita al tormentato tenente di polizia che non riesce a proteggere un uomo che deve testimoniare contro la mafia. Dal romanzo "Mute Witness" di Robert L. Pike ha vinto l'Oscar per il migliore montaggio (Frank P. Keller) e si capisce che è anche dovuto al famosissimo inseguimento automobilistico (il più celebre e suggestivo della storia del cinema) lungo i saliscendi delle strade di San Francisco, tra una Ford Mustang G.T.390 Fastback e una Dodge Charger R/T 440 Magnum.
Un remake è in fase di studio dal 2003 con Brad Pitt assegnato alla parte che fu di Steve McQueen. Nonostante la volontà dei produttori di mandare avanti il progetto, il film non ha ottenuto semaforo verde ed è rimasto in stallo.
Sono anni di grandi successi, ma anche di vita dissipata.





                                       Steve McQueen in una scena de Boon il saccheggiatore


 

Nel 1969 è protagonista di The Reives - Boon il saccheggiatore di Mark Ridell, in cui è lo scanzonato scavezzacollo che attraversa mezza america, a bordo di un'auto gialla, per andare a raggiungere l'amata che lavora in un Casinò di Menphis. L'eccezionale e sentita performance gli procura un Golden Globe e la seconda nomination della sua carriera, al premio Oscar, come miglior attore protagonista. Il film è una deliziosa rievocazione d'epoca, diretta con garbo e recitata con brio. Il soggettista Faulkner ha avuto raramente altrettanta fortuna al cinema.
Il 1969 è anche l'anno in cui scampa per miracolo al massacro di Charles Manson, avvenuto la sera del 9 agosto a Cielo Drive, quando un gruppo di quattro appartenenti alla "famiglia" di Manson, fecero irruzione nella villa di Roman Polanski e massacrarono Sharon Tate, la compagna del regista, all'ottavo mese di gravidanza, e cinque suoi ospiti.





                           Steve McQueen protagonista del film Le 24 ore di Le Mans



Nel 1971 sfoga la sua passione per i motori, la velocità, le corse automobilistiche e gli uomini duri, con Le Mans - Le 24 ore di Le Mans, un film di Lee H. Katzin con Luc Merenda e Angelo Infanti, omaggio alla mitica corsa francese. McQueen, pilota anche nella vita, la fa da padrone sulla sua Porsche anche se arriva dopo una Ferrari. Sottolineata dal rallentatore, l'insistenza su immagini di auto che s'incendiano e si disintegrano è un'informazione sui pericoli della Formula Uno o anche una riflessione sul valore della vita umana? Non predica: mostra.
Nel 1972, dopo infiniti litigi, divorzia da Neile Adams.
I quaranta anni di Steve McQueen non lo vedono in gran forma: ansie continue, paranaie, inadeguadezza malcelata, e ancora problemi di droga.





                                      Steve McQueen è l'interprete del film L'ultimo boscadero



 Ma arrivano i due film per la regia di Sam Peckinpah, il western Junior Bonner - L'ultimo boscadero, in cui è il disilluso cow boy da rodeo, che spende i soldi vinti nell'ultimo torneo, per comprare al padre, un biglietto per l'Australia, dove aveva sempre sperato di fuggire.
Dopo l'orgia di violenza de "Il mucchio selvaggio" (1969) e "Cane di paglia" (1971), Peckinpah torna alle sue origini di regista profondamente americano, tradizionalista e rurale. Bravo e credibile McQueen. Qualche momento di lirica malinconia in questa quieta storia su coloro che “devono tener fermi i cavalli”.





                              Steve McQueen e Ali MacGraw in una scena del fantastico Getaway


 

e soprattutto Getaway (1972) con Ali McGraw e Al Lettieri, che racconta la storia di un rapinatore e della sua fuga verso la libertà, con la sua donna e il malloppo; sceneggiato da Walter Hill e basato sull'omonimo romanzo di Jim Thompson (1959) è un efficace compromesso tra le ambizioni di Peckinpah e il divismo di McQueen... un successo di critica e pubblico che sbanca i botteghini e consegna McQeen all'Olimpo hollywoodiano.
Nel 1973, McQueen si sposa per la seconda volta. La moglie è l'affascinante attrice Ali MacGraw, sua partner in Getaway, conosciuta durante le riprese del film.




         Steve McQueen è l'ergastolano della Cayenna, perennemente in fuga, nel film Papillon



Lo stesso anno del matrimonio, interpreta, accanto a Dustin Hoffman, incallito falsario, il personaggio di Henry Carrière, lo sfortunato ergastolano della Cayenna, in Papillon, che sogna e tenta, con incrollabile tenacia, una impossibile fuga verso la libertà. La pellicola è tratta da un best seller autobiografico (1969) di Henri Charrière e sceneggiato da Dalton Trumbo e Lorenzo Semple Jr.
Il film gli procura la sua terza nomination agli Oscar, ma viene stroncato dalla critica e adorato dal pubblico, tanto che incassa 60 milioni di dollari in un anno.






                      Steve McQueen è l'interprete accanto a Paul Newman de L'inferno di cristallo


 

The Towering Inferno - L'inferno di cristallo, è del 1974, e lo troviamo nei panni dell'eroico capo dei pompieri di San Francisco, che si adopera per soccorrere i prigionieri dell'incendio, scoppiato al 138° piano di un grattacielo, a causa di un cortocircuito avvenuto per i risparmi del costruttore sui materiali usati. Oltre al successo decretato alla pellicola, una pietra miliare nel genere catastrofico, il pubblico, soprattutto quello femminile, si sbizzarrì per stabilire se gli occhi azzurri più belli fossero quelli di McQueen o quelli di Paul Newman, suo partner nel film di Guillermin, vincitore di tre premi Oscar. Il foltissimo cast comprende poi attori come William Holden, Fred Astaire, Faye Dunaway, Jennifer Jones, Robert Waughn, Richard Chamberlain, Orenthal James Simpson, Robert Wagner e Susan Flanney.
Ma la vita privata di McQueen è sempre più instabile, va in cura da un analista e si affida sempre più alle droghe; il risultato è che non recita per alcuni anni.
Dopo tre anni di silenzio, nel 1977 decide di interpretare An Enemy of the People - Un nemico del popolo di George Schaefer, adattamento di Arthur Miller del lavoro omonimo di Ibsen, con cui McQueen cercò di liberarsi degli stereotipi di Hollywood, che viene stroncato dalla critica e dal pubblico.

Nel 1978 è la catastrofe coniugale, divorzia da Ali MacGraw e sceglie la modella ventiduenne Barbara Minty.
Sono gli anni più duri, McQueen comincia ad avere seri problemi di salute, si ritira a Santa Paola per disintossicarsi, smettere con gli abusi e i vizi, dedicarsi alla nuova donna e rimettersi in forma.
Trascorre il tempo a pilotare aerei d'epoca, a fare beneficenza, a correre in moto in mezzo al fango o a sedere con le gambe incrociate, nel deserto, insieme agli indiani Navajo.







                                                        Steve McQueen è Tom Horn



Nel 1979 ottiene il brevetto di pilota privato, dopo aver imparato a volare su un biplano "Stearman", venduto poi all'asta, nel 1982.
L'anno seguente gira il penultimo film, Tom Horn, tratto dalle memorie del pistolero che difende dai ladri un gruppo di allevatori dello Wyoming, ma poi questi, per tutta risposta, lo accusano di un delitto, da cui, amareggiato e deluso, si rifiuta di difendersi. Penultimo film di S. McQueen che morì a 50 anni nel 1980: era come il buon vino che, invecchiando, migliora. Semiwestern autunnale di atmosfera nostalgica, puntiglioso nell'ambientazione. Splendida fotografia di John Alonso.
Il film rappresenta l'ultima, grande interpretazione di McQueen, che riesce a trasmettere, con grande capacità espressiva, tutto il disinganno di un uomo tradito e sperduto.
Durante le riprese gli viene diagnosticato il cancro al polmone.
Nello stesso anno decide di sposare Barbara Minty, sua ultima compagna di vita.






                            Steve McQueen in una scena del suo ultimo film Il cacciatore di taglie



Nello stesso anno, ormai malato, gira The Hunter - Il cacciatore di taglie di Buzz Kulik con Eli Wallach, dalla biografia di Ralph Thorson, un moderno cacciatore di taglie, angosciato dalla futura paternità, perchè sa il mondo violento e corrotto. Storia dissestata dove si mescola la violenza con la delicatezza, il picaresco con il tenero. La rincorsa di un'auto sportiva e una trebbiatrice attraverso un campo di mais non si dimentica. E' l'ultima apparizione del grande attore.
Nel luglio dello stesso anno McQueen, entra in una clinica messicana, a Juarez, lontano da tutto e da tutti, per andare a morire solo come era vissuto.
Pochi mesi dopo rivela alla stampa la natura del suo male.
Muore il 7 novembre dello stesso anno, a soli cinquanta anni.






            Steve McQueen proprietario di eccezionali collezioni d'armi e auto sportive famose



Fu proprietario di una eccezionale collezione d'armi, e fequentò, assieme a James Coburn, le palestre di arti marziali di Chuck Norris e Bruce Lee, prima che anch'essi diventassero attori di successo in film d'azione.
Oltre alle tre nomination agli Oscar, l'attore ha vinto nel 1968 il Photoplay Award nella categoria Most Popular Male Star e ha ottenuto tre nomination al Golden Globe: nel 1967 per Quelli della San Pablo, nel 1970 per Boon il saccheggiatore e nel 1974 per Papillon.
Nel 1967 ha vinto un Golden Globe come "World Film Favorite".





Steve McQueen e la Triumph TR6 Trophy mascherata BMW nel tentativo de La grande fuga 



McQueen è ricordato, oltre che per il talento recitativo, anche per la sua passione per le corse, motociclistiche e automobilistiche. Quando ne aveva la possibilità, amava fare a meno di controfigure e girare egli stesso le scene che solitamente venivano svolte dagli "stuntman".
Le più famose scene motoristiche sono state girate per il film Bullitt e nel finale del film La grande fuga quando cerca di raggiungere la Svizzera a bordo di una motocicletta Triumph TR6 Trophy mascherata come se fosse una BMW bellica. Soltanto la scena del salto sul filo spinato fu eseguita dallo stuntman Bud Ekins. McQueen aveva voluto provare la scena una prima volta, ma finì con una caduta e la produzione, per non rischiare un infortunio, impose alla star di punta di non riprovarci. In tutte le altre scene di inseguimento non vi fu mai il bisogno effettivo di uno "stuntman".






                                        Steve McQueen alla 12 ore di Sebring



Durante la sua carriera cinematografica McQueen partecipò a parecchie gare e considerò più volte l'ipotesi di abbandonare il cinema per dedicarsi completamente alle corse. Nel 1970 partecipò alle 12 ore di Sebring insieme a Peter Revson con una Porsche 908 spyder (guidandola con un piede fasciato a causa di un precedente incidente motociclistico) arrivando primo nella sua categoria e secondo assoluto a soli 23" dal vincitore Mario Andretti su Ferrari. 
Nel 1971 la stessa Porsche 908 fu usata come "camera car" per girare il film Le 24 Ore di Le Mans. Il film fu un flop al botteghino e costituì un grosso fiasco nella carriera di McQueen, ma a distanza di anni viene ricordato come una realistica testimonianza su uno dei più famosi periodi della storia motoristica e come uno tra i migliori film di corse automobilistiche mai girato. McQueen comunque non partecipò alla 24 ore del 1970 poiché la produzione del film negò il supporto all'attore nel caso in cui egli avesse gareggiato.
L'attore partecipò anche a parecchie gare motociclistiche durante gli anni sessanta e settanta a bordo perlopiù di una Triumph Bonneville e di una Triumph 500cc acquistata da Bud Ekins. Tra le altre competizioni prese parte anche alla Baja 1000, alla Mint 400, al Gran Prix di Elsinore e nel 1964 venne scelto per rappresentare gli USA alla International Six Days Enduro (ISDE). Alla sua morte, la sua collezione di moto comprendeva oltre 100 modelli per un valore di vari milioni di dollari. 
Steve McQueen aveva anche avuto la fortuna di possedere alcune tra le più famose auto sportive dell'epoca come ad esempio: la Porsche 908, Porsche 917, Porsche 356 e Porsche 911 Carrera S, la Ferrari 512, Ferrari 250 Lusso Berlinetta (battuta all'asta da Christie's California nell'agosto 2007, per 1,7 milioni di euro) e la Jaguar D-Type XKSS.





                                          Steve McQueen sulla Ford Mustang GT nel film Bullitt



Con suo grande dispiacere invece McQueen non riuscì mai a venire in possesso della Ford Mustang GT utilizzata nel film BullittSecondo il regista del film infatti, nessuna delle due auto (ancora oggi esistenti) utilizzate per le riprese è mai stata posseduta dall'attore. Negli anni 90, all'uscita della Ford Puma, un suggestivo fotomontaggio fece sì che McQueen la guidasse nella pubblicità. Nello spot si vede l'attore guidare la Puma per le strade californiane, deporla in una autorimessa insieme ad una replica della moto utilizzata ne La grande fuga e alla Ford Mustang GT del 1968. Un attimo dopo tutto sparisce e resta solo la Puma.





            Steve McQueen con lo stuntman Bud Ekins sulla 450 hp Chevy Beast a The Baja Boot



Nel 1979 gli venne diagnosticato un mesotelioma (un tumore della pleura associato all'esposizione all'amianto). McQueen morì in una clinica messicana, in seguito a due consecutivi attacchi cardiaci, alle 15.45 del 7 novembre 1980, accanto all'ultima moglie e all'istruttore di volo e amico Sammy Mason. Ventiquattro ore prima gli era stato rimosso chirurgicamente e con successo un tumore allo stomaco. Venne cremato e le sue ceneri furono sparse nell'Oceano Pacifico.






tratto da Film Scoop, Mymovies, Wikipedia e The Selvedge Yard







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