giovedì 23 dicembre 2010

Immortel - ad vitam







 

Immortel (ad vitam) - Immortal – Ad Vitam
di Enki Bilal (2004) con Linda Hardy, Thomas Kretschmann, Charlotte Rampling, Frédéric Pierrot, Thomas M. Pollard. Genere fantascienza. coproduzione: Francia, Italia e Gran Bretagna.


Chi ha amato i due album La fiera degli immortali e La donna trappola (pubblicati in Italia Alessandro editore), capolavori di un autentico innovatore del fumetto e dell’illustrazione come Enki Bilai, non si lasci scappare Immortal ad vitam, che proprio a quelle due storie si ispira. Ma non solo per questo: il film è infatti il primo esperimento di “animazione mista” a cui si applica il geniale Bila dopo due lungometraggi non animati (vedi box a lato). Solo a uso dei non addetti al fumetto indichiamo alcuni elementi base della storia: nella New York 2095 tenuta sotto scacco dalla Eugenics, nel nome il programma, si incrociano i destini di Jill (Linda Hardy), metà mutante metà umana, Nikopol (Thomas kretschmann), il resistente, e Horus, dio egizio dalla testa di falco.
Difficile (e forse inutile) seguire il bandolo della storia. Ma il piacere della visione è assicurato. E fortissimo.
Sandro Rezoagli da Ciak (2004)

 






Fantascienza, ma di genio, ne è autore un bosniaco naturalizzato francese, Enki Bilal, i cui film come regista non si sono mai visti in Italia, dove, invece, è molto conosciuto e apprezzato dagli intenditori per due suggestivi album di fumetti, “La fiera degli immortali” e “La donna trappola”. Il film di oggi nasce da quelli, liberamente riletti con la collaborazione di Serge Lehman, un noto illustratore parigino. Siamo a New York, nel 2095. Nei cieli di Manhattan galleggia immobile una piramide misteriosa. La gente, sotto, è composta da umani, ma anche da mutanti e da extraterrestri. Tra questi ultimi c’è un Dio con la testa di falco, condannato a morte dai suoi. Per salvarsi, deve trovare un corpo umano in cui identificarsi e sarà quello di Nikopol che è stato ibernato trent’anni perché si era ribellato a una multinazionale che lì governa la vita di tutti, al servizio di un bieco senatore pronto, in campagna elettorale, a far eliminare chiunque gli si opponga. C’è anche l’amore perché Horus, entrato nel corpo di Nikopol, incontra e ama Jill, un’aliena dai capelli blu, contemporaneamente amata da Nikopol, dato che è lui a prestare il corpo a Horus, Molte complicazioni, ma alla fine i cattivi saranno sgominati, Horus riconquisterà la propria immortalità e Nikopol, riconquistato il proprio corpo non avrà più ostacoli al suo amore per Jill...
Non è però questa storia che conta. Contano, e affascinano, i modi con cui Enki Bilal prima l’ha disegnata e poi l’ha portata sullo schermo valendosi anche, in più momenti, di un’animazione frutto intelligente e abilissimo della computer grafica. C’è spazio per un futuro pieno di macchine volanti e di esperimenti scientifici, con ritmi quasi sempre travolgenti, ma c’è soprattutto spazio per dei personaggi che, i più, sembrano indossare maschere pronte a modificare in cifre antirealistiche i tratti del viso. Con il gusto dell’incubo, della caricatura allegorica (specie a livello dei «cattivi»), dei simboli e delle citazioni letterarie (a cominciare da Baudelaire), mentre gli interpreti si muovono in un limbo quasi ossessivo tra la veglia e il sonno. Il protagonista è Thomas Kretschmann, già visto nel «Pianista» di Polanski, la donna amata è Linda Hardy. Ma c’è anche, tra gli umani, Charlotte Rampling, generosa e protettiva.
Gian Luigi Rondi da Il Tempo (2004)








Esseri umani, semi-umani, alieni, virtuali. E autentiche divinità egizie tornate in vita nella New York del 2095, dominata da una dittatura medico-eugenica e sconvolta da una campagna elettorale... Più ambiziosi di così si muore, e l’artista franco-jugoslavo Enki Bilal, autore di fumetti visionari celebratissimi in Francia, era l’uomo giusto per un’impresa così titanica e azzardata. Peccato che la scommessa funzioni a metà. E’ molto bella l’idea, ancor prima della realizzazione, di un universo ibrido generato mescolando e talvolta fondendo attori e immagini digitali in 3D; è suggestivo il mix post-post-postmoderno che accosta versi di Baudelaire e spunti alla P. K. Dick, religioni scomparse e miti duri a morire (l’immortalità, naturalmente), eroine semisintetiche e dei stupratori. Ma la drammaturgia è un colabrodo, il dio Horus è disegnato maluccio, le idee o i personaggi lasciati a metà non si contano (in testa Charlotte Rampling, più bella che mai con la parrucca di cristallo), Thomas Kretschmann non ha il carisma necessario al suo personaggio. Una scoperta invece Linda Hardy, ex-miss Francia, qui irriconoscibile con capelli (e lacrime!) blu, ma così perfetta, bellicosa, etnicamente indecifrabile, che non sembra neanche vera.
Fabio Ferzetti da Il Messaggero (2004)








New York 2005: in una piramide fluttuante nel cielo sopra Manhattan gli dei egizi stanno giudicando uno di loro, Horus dalla testa di falco, mentre sulla terra una donna dai poteri segreti è imprigionata e un prigioniero politico congelato trent'anni prima si aggira per le strade. Nato a Belgrado da padre ceco e madre bosniaca, Bilal si trasferisce a Parigi conla famiglia all'età di dieci anni e si interessa di cinema e di fumetti, frequentando le Beaux Arts e lavorando poi nella rivista di Goscinny e Charlier, con illustrazioni, copertine e storie brevi. Con lo sceneggiatore Pierre Christin crea le «Légendes d'aujourdhui» e altri libri di cronaca fantastica. Famosa la sua la trilogia “La Fiera degli Immortali”, “La donna trappola”, “Freddo Equatore” dai quali è tratto il film.
Roberto Silvestri da Il Manifesto (2004)








Il francese Bilal è un totem del fumetto. Ma Immortal, il suo terzo film per il cinema, nonostante una campagna promozionale che in patria ha raggiunto vette pazzesche, è un pachiderma che sa di aria fritta. C’è poco da fare: l’universo cinematografico cyberpunk ormai gioca in svantaggio, perché la contaminazione tra linguaggi non è più una novità, è già (stata) contaminata (altrove), e lo spettatore sbuffa. Qui ci sono le solite macchine e i soliti umani che ci devono fare i conti, i soliti panorami di plastica mozzafiato e i soliti dubbi amletici. Certo, lmmortal è visivamente gigantesco, ma è pure noioso, convenzionale e di riporto; e rintracciare citazioni o derivazioni è passatempo inutile, tanto un solo fotogramma di Akira, per esempio, basta e avanza per scavalcarlo. E poi rimane un retrogusto inquietante sulla morale.
Il dio egizio a testa d’uccello Horus deve accoppiarsi per continuare la specie, e utilizza lo stupro; infine, lo si vede come salvatore: la violenza a fin di bene, dunque? L’imperialismo come strumento necessario a preservare la razza. L’inseguimento via aerea è un bel pezzo di cinema, ma si perde in uno spettacolo tronfio in CG che boccheggia quando vorrebbe incantare e spara nel vuoto quando vorrebbe colpire nel segno.
Pier Maria Bocchi da Film TV (2004)








Lo hanno definito il guru dell'illustrazione fantacult degli anni '80, di certo Enki Bilal è il più apprezzato disegnatore di fumetti che la Francia possieda, nonostante sia nato nella ex Jugoslavia e soltanto all'età di dieci anni si sia trasferito a Parigi. La «Trilogia Nikopol» è l’opera che lo ha reso celebre e comprende «La fiera degli immortali», «La donna trappola», «Freddo Equatore». Ora quei personaggi sono arrivati sul grande schermo in un film che mescola il disegno classico, la grafica computerizzata ed attori in carne ed ossa. Si chiama «Immortal (ad vitam)», interamente girato negli studi di Aubervilliers alla periferia di Parigi. In Francia ha superato in poche settimane il milione di spettatori, in Italia arriverà venerdì in 150 copie distribuito da Medusa. «È la prima volta che tento di portare sul grande schermo i miei fumetti - dice Bilal, alla sua terza prova da regista - Ho semplicemente preso i personaggi e li ho inseriti in un contesto diverso, anche perchè è cambiato il periodo storico, avendoli disegnati ormai quasi venti anni fa». La storia si svolge in una surreale New York del 2095 tra una popolazione di mutanti, extraterresti, figure mitologiche, umani veri e sintentici, e dove regna una multinazionale transgenica. Ma anche una storia d'amore a lieto fine che inizia però con un atto di violenza. Piena di effetti speciali e costata oltre 23 milioni di euro, la pellicola ha come interpreti principali Thomas Kretschmann (Resident Evil: apocalypse, Il pianista, I cavalieri che fecero l'impresa di Pupi Avati, La sindrome di Stendhal di Dario Argento), l'ex miss Francia Linda Hardy, alla sua prima prova cinematografica, e Charlotte Rampling. Nel film compaiono in immagini realizzate su computer Yvan Collette e Jean-Louis Trintignant. Quest'ultimo presente anche nel primo film di Bilal Bunker palace hotel. «Cinque settimane di riprese tradizionali, in studio. Sette settimane di riprese ibride con fondali verdi nell'astrazione più totale ma più precisa possibile, continuando al tempo stesso a gestire il lavoro di computer grafica portato avanti da 200 esperti - racconta le vari fasi di lavorazione il fumettista - Tre settimane di riprese con attori in calzamaglia nera, pieni di sensori ed esposti al fuoco incrociato di dieci macchine da presa a raggi infrarossi». Dice di aver impiegato circa quattro anni ad ottenere un prodotto soddisfacente, anche se ammette che, forse, con una maggiore disponibilità economica, avrebbe potuto avere risultati migliori.
«Nessuna delle scene mi è sembrata particolarmente dura - confessa la bella Linda Hardy - tranne il primo giorno quando abbiamo dovuto girare lo stupro, per il resto non ero intimidita dai fondali verdi o dai vincoli che ci sono stati imposti. Non avendo alcuna esperienza cinematografica non ho potutto fare paragoni con set tradizionali, e forse questo mi ha aiutata».
Luciana Vecchioli da Il Tempo (2004)








tratto da Mymovies









di frabel











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