mercoledì 1 settembre 2010
Ghost dog - Il codice del samurai
Un killer di professione, amante del codice del samurai che segue alla lettera, oltre che dei piccioni che alleva sul terrazzo in cui vive, incappa in un brutto guaio a seguito di un omicidio commesso per conto del suo “padrone”. Un potente boss chiederà la sua testa perché sua figlia era presente sulla scena del delitto.
Un film molto particolare, nonostante la canonicità della trama tra il noir, il thriller e il gangster-movie. La particolarità sta proprio nella natura e nelle caratteristiche del protagonista, ottimamente interpretato da Forest Whitaker, un uomo solitario che sembra non avere amici e che si muove silenzioso e “invisibile” nella notte per portare a termine
i suoi contratti. La singolarità del personaggio sta nel fatto che, nonostante utilizzi armi da fuoco per le sue esecuzioni, le maneggia come se fossero delle spade dasamurai di cui segue lo stile di vita, imparato leggendo un libro al riguardo. Durante le sue sortite notturne, ma anche di giorno, sdraiato accanto ai suoi piccioni, il killer si diletta con numerose letture, principalmente, appunto, l’Hagakure, il codice del samurai. Mentre osserviamo sempre più rapiti le sue azioni, e di rimando anche quelle dei suoi “amici” e “nemici”, sullo schermo appaiono le scritte del codice che rappresentano alla perfezione ciò che sta accadendo. Altra grande chicca della pellicola è la presenza di una serie di cartoni animati, in genere visionati dalla figlia del boss o dal boss stesso, che anticipano in qualche maniera ciò che accadrà al protagonista e agli altri comprimari.
Da Betty Boop, passando per Felix il Gatto, arrivando persino a Grattachecca e Fichetto. Mescolando tutte queste caratteristiche inusuali e molto affascinanti si ottiene quel giusto mix di azione e di profondità, con una sorta di spessore che riguarda il protagonista visto non solo come un killer a pagamento, ma anche come un uomo coraggioso e temerario (porterà fino alla fine il suo obiettivo che è quello di servire il suo “padrone”, così come un buon samurai deve fare), oltre che amante della lettura (emblematica a questo riguardo la figura della bambina che il killer incontra in un parco e con la quale fa scambio di libri e di opinioni su essi, così come altrettanto importante è la presenza di un gelataio ambulante, un francese che sembra non capire ciò che dice il killer e che a sua volta il killer noncomprende, pur essendo ognuno per l’altro l’amico più grande). Non manca di certo anche la violenza in questo ritratto intenso e coinvolgente del killer, fino ad arrivare ad una vera e propria escalation di omicidi per mano del protagonista del tutto deciso a salvare la sua vita, ma prima di tutto quella del suo “padrone”, fino a quando non si verrà ad una vera e propria resa dei conti finale in puro stile western.
Le immagini, anche, sono parte fondamentale di “Ghost dog”, visto che costituiscono una grande fetta del suo fascino, soprattutto quando seguiamo i piccioni che volteggiano nel cielo e che il killer utilizza per comunicare col suo “padrone”, o quando assistiamo all’allenamento con la sciabola del protagonista, tutto in ralenti. Molto comunicativa anche la sequenza in cui il killer incontra per la strada due cacciatori che hanno
appena catturato un orso, animale in via d’estinzione, proprio come metaforicamente il protagonista stesso, scena nella quale viene in qualche modo racchiuso il significato del film e del personaggio in particolare: uomo in contrapposizione col suo tempo, che comunque lotta per rimanere ancorato al mondo, nonostante le avversità esterne e l’anacronismo dei suoi valori, e nonostante, soprattutto, il suo essere “solo” contro tutti. Una sorte di Don Chisciotte che però, al contrario di ciò che avviene nel mito letterario, in questo caso non ritratta i suoi ideali “fantastici” e “cavallereschi” (anche se qui si parla di samurai e non di cavalieri), ma li porta fino in fondo con caparbietà e convinzione. Da notare anche la sottile e leggera ironia che permea soprattutto le figure dei mafiosi italiani che si organizzano per far fuori il protagonista, esemplare al riguardo la scena in cui il “padrone” di Ghost dog si reca dal boss e quest’ultimo, insieme ad altri suoi due sgherri molto particolari, viene ripreso in un’inquadratura fissa mentre pronuncia delle battute, inframmezzato di quando in quando dagli altri due.
Un’occasione imperdibile, dunque, la visione di questo “Ghost dog” che mescola generi e stili, riuscendo anche ad avere un’anima non indifferente.
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